Il primo reportage fotografico della storia: la Repubblica francese assedia la Repubblica romana

Roma, 1849. Il primo reportage di guerra della storia, opera del fotografo Stefano Lecchi

da Finestre sull’arte, 31-8-2022

Stefano Lecchi, Sentinella francese tra il Vascello e i Quattro Venti (1849; carta salata da calotipo, 161 x 224 mm; Roma, Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea)

Nel 1849, il fotografo milanese Stefano Lecchi è a Roma dove documenta le distruzioni che Roma ha subito durante l’assedio dei francesi, chiamati da papa Pio IX per abbattere la Repubblica Romana e ripristinare il suo potere: è il primo reportage di guerra della storia.

Il primo reportage di guerra che si conosca porta la firma di un fotografo italiano di cui abbiamo poche notizie, Stefano Lecchi (Milano?, 1803 – post 1866). Si tratta di un insieme di fotografie che Lecchi realizzò nel 1849 mentre si trovava a Roma: in tutto, il nucleo, oggi conservato alla Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma, è costituito da 41 carte salate al bromuro di iodio. Quarantuno stampe fotografiche che illustrano altrettanti luoghi di Roma che, tra il 1848 e il 1849, furono teatro dei combattimenti che determinarono la caduta della Repubblica Romana, il giovane Stato nato il 9 febbraio del 1849 dopo i moti del 1848 e finito il 4 luglio di quell’anno, a seguito dell’assedio, durato un mese, da parte dei francesi guidati da Nicolas Charles Victor Oudinot, intervenuti in aiuto di papa Pio IX dopo un suo esplicito appello alle potenze straniere, affinché al pontefice venisse restituito il potere temporale.

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Orientalismo italiano venato di voyeurismo

L’Oriente immaginato. L’eros nella pittura italiana dell’Ottocento

di Jacopo Suggi, Finestre sill’arte 13-2-2022

Fabio Fabbi, Il Mercato delle schiave (olio su tela, 88 x 40 cm; Collezione privata)

L’apertura dell’Europa verso l’Oriente portò, tra Ottoo e Novecento, importanti novità anche sul piano dell’arte: cominciò a formarsi l’immagine di un Oriente misterioso e lontano, dove la rappresentazione della donna seguì a lungo stereotipi esotici fortemente eroticizzati.

L’Oriente come costruzione mentale dell’Europa è sempre stato individuato e visto come un territorio misterioso e lontanissimo, antico e selvaggio. Questo costrutto ebbe confini geografici assai labili, che gli europei hanno spinto sempre più lontano con il procedere delle nuove scoperte geografiche e rotte commerciali. Il termine Oriente, che spesso includeva la visione di tutto ciò che è diverso ed esotico, poteva indicare la Turchia, così come il Marocco, l’Egitto, fino alla Siria o alla Cina.

 

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La mostra del Grand Tour a cui dedicheremo uno dei nostri incontri

Il Grand Tour, sognando l’Italia nel Settecento. La mostra di Milano

di Federico Giannini, Finestre sull’arte, 21-1-2022

Gaspar van Wittel, Veduta del Colosseo con l'arco di Costantino (1716; olio su tela, 54,5 x 114,3 cm; Norfolk, The Earl of Leicester and the Trustees of the Holkham Estate)

Recensione della mostra “Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei”, a Milano, Gallerie d’Italia di piazza Scala, dal 19 novembre al 27 marzo 2022.

L’espressione “Grand Tour” compare per la prima volta nel 1670, nello scritto d’un prete cattolico inglese, Richard Lassels, che quell’anno pubblicava a Parigi un libro, The Voyage of Italy, nel quale erano descritte le città, i monumenti, gli edifici visti durante un viaggio in Italia. Il libro cominciava con una prefazione in cui Lassels elencava i benefici del viaggiare, e tra i varî vantaggi di quest’attività il sacerdote includeva la possibilità di capire meglio la storia che si legge sui libri: “nessuno”, scriveva Lassels, “comprende meglio Livio e Cesare, Guicciardini e Monluc di colui che ha fatto il Grand Tour di Francia e il Giro d’Italia”.

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Gli anziani al Trivulzio nella pittura di Morbelli

Quando Angelo Morbelli dipingeva l’abbandono e la disperazione degli anziani del Pio Albergo Trivulzio

di Federico Giannini, 15-4-2020

Angelo Morbelli (Alessandria, 1853 – Milano, 1919), uno dei grandi artisti del divisionismo, per circa trent’anni dipinse gli anziani del Pio Albergo Trivulzio di Milano, in dipinti intrisi di malinconia, per raccontare tutta la solitudine, la disperazione e l’abbandono della vecchiaia.

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Hayez, celebratore e celebrante dell’amore idealizzato e fisico

L’amore secondo Francesco Hayez. Da quello romantico a quello segreto, cinque opere del grande pittore

da Finestre sull’Arte, 14-2-2020

Francesco Hayez, Il Bacio (1859)

 

Forse l’artista che l’immaginario collettivo associa all’amore più di chiunque altro è Francesco Hayez (Venezia, 1791 – 1882), il più celebre tra i romantici italiani. I suoi dipinti hanno celebrato l’amore in diverse forme e raccontando le storie più diverse. In questa gallery abbiamo scelto cinque sue opere associandole ad altrettanti tipi di amore, e le abbiamo accompagnate a cinque commenti tratti dalla bibliografia sull’artista. Buona lettura!

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Una bella mostra sul divisionismo a Novara

Divisionismo, il paese nello studio

Al Castello Visconteo Sforzesco di Novara “Divisionismo. Rivoluzione della luce”, a cura di Annie-Paule Quisnac. Grubicy de Dragon, Pellizza, Morbelli, Fornara, Previati… Rifiutarono la presa diretta degli impressionisti, ricreando l’immagine nella quieta emozione del ricordo

di Giorgio Villani, Alias, 2-2-2020

Giovanni Segantini,

Il 1920 fu più funesto che lieto per il divisionismo. In quell’anno erano venuti a mancare Gaetano Previati e Vittore Grubicy de Dragon, che del movimento era stato anche il teorico, e l’anno prima Angelo Morbelli. E se a ciò si aggiunge che già nel 1916 i futuristi avevano suonato le campane a morto con quell’invettiva di Boccioni che aveva apostrofato Segantini «ignorantissimo, circondato da tedescherie, posa a gran sacerdote d’una nuova religione della natura (con la N grande) e piano piano sdrucciola dagli azzurri ghiacciai italiani alla sterile bassura tedesca», si può immaginare qual genere di anniversario sia il 2020 per il movimento artistico. Leggi tutto “Una bella mostra sul divisionismo a Novara”

Il guanto di Klinger, feticcio di De Chirico

Una delle prime rappresentazioni del sogno nell’arte: il guanto di Max Klinger

Max Klinger, Ein Handschuh, Tavola 2: Handlung
“Klinger si pone a cavallo tra mondi interiori e realtà, in un dialogo tra un dentro e un fuori che è motivo del suo genio creativo. Nelle sue incisioni l’inconscio irrompe nella realtà impadronendosene e divenendo così tangibile. Influenzato da artisti come Arnold Böcklin, dal quale mutuò quel dissidio tra amore e morte che è tra i temi privilegiati del suo percorso creativo, guardò con ammirazione all’arte sorella, la musica, nel tentativo di dare vita all’opera d’arte totale perseguita da Wagner”.

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Sargent: ricordate le conferenze sull’arte americana?

Sargent, il carboncino contro la stanchezza

A New York, “John Singer Sargent: Portraits in Charcoal”, a cura di Richard Ormond e Laurel Peterson. Un tratto spezzato e nervoso, chiaroscuri profondi: fra i ritratti su carta quelli, celebri, di Yeats e di James. Stremato dal ruolo di ritrattista a olio dell’upper class, a poco più di 50 anni il pittore americano fa una virata modernistica con il disegno autonomo

di Gottardo Pallastrelli, alias, 17-11-2019

John Singer Sargent,
John Singer Sargent, “Olimpio Fusco”, Washington, National Gallery of Art

Quando nel 1907 Lady Radnor gli propose di eseguire il ritratto di una delle sue figlie, John Singer Sargent le rispose che avrebbe potuto chiedergli di dipingere qualsiasi cosa, «il suo cancello, i suoi steccati, i suoi fienili – cosa che farei davvero volentieri – ma non più il volto umano», e all’amico Ralph Curtis, anch’egli pittore e discreto ritrattista, in una lettera dello stesso anno, scrisse che ormai i ritratti gli facevano orrore e non voleva più sapere di farne, soprattutto a persone dell’alta società.

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L’ottima mostra che vedremo sui due massimi scultori del Neoclassicismo

Canova-Thorvaldsen, rivalità a suon di statue

A Milano, Gallerie d’Italia, “Canova Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna”, a cura di Stefano Grandesso e Fernando Mazzocca. Un’occasione unica «vedere» il confronto – un topos del Neoclassicismo – fra la grazia “greca” dello scultore veneto e la fermezza aurea del danese

di Maichol Clemente, Alias 17-11-2019

Berthel Thorvaldsen,

Berthel Thorvaldsen, “Marte pacificatore”, Potsdam, Stiftung Preussische Schlösser und Gärten Berlin-Brandenburg

Chissà per chi parteggerà il visitatore della mostra Canova Thorvaldsen La nascita della scultura moderna aperta a Milano, alle Gallerie d’Italia, fino al prossimo 15 marzo. Uscirà canoviano o thorvaldseniano? Protenderà cioè per la scultura di rediviva classicità, di grazia, sentimento, partita dal cuore (come ebbe a scrivere Quatremère de Quincy) di Antonio Canova, oppure sarà più attirato dalla compostezza aurea, dalla fermezza nordica, dal diligente neoclassicismo espressi dalle opere del danese Berthel Thorvaldsen? Leggi tutto “L’ottima mostra che vedremo sui due massimi scultori del Neoclassicismo”

Eredità di Fontanesi

Fontanesi, fortuna postuma

A Reggio Emilia, Palazzo dei Musei, “Antonio Fontanesi e la sua eredità. Da Pellizza da Volpedo a Burri”. Dall’uniformità dei suoi paesaggi Antonio Fontanesi trasse i più sottili effetti di luce, che fecero scuola per Pellizza da Volpedo. Carrà vi ha visto ordine, Francesco Arcangeli un anticipo dell’Informale

Giorgio Villani, Alias, 30-6-2019

Antonio Fontanesi, “Sulle rive del Po a Torino”, 1870 circa, Piacenza, Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi

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