Incontro a Palazzo Marino: Attualità della Costituzione Repubblicana: un impegno per tutti i Cittadini

Volentieri inoltro l’invito a partecipare a questo incontro pubblico a Milano in Palazzo Marino in quanto uno dei temi trattati sarà proprio il rispetto dell’Articolo 9 della Costituzione, quello che riguarda i Beni Culturali, che sarà trattato dalla collega Anna Torterolo.

L’Associazione Libertà e Giustizia e l’Amministrazione Comunale invitano al dibattito

“Attualità della Costituzione Repubblicana: un impegno per tutti i Cittadini”

(Sana, robusta e più viva che mai festeggia i suoi primi 70 anni di vita)

31 gennaio 2018 alle ore 17.00

Palazzo Marino –  Sala Alessi –  Piazza Scala, 2 – Milano

Interventi:

Carlo Smuraglia – presidente emerito ANPI: “Princìpi, valori e spirito della Costituzione

Vittorio Agnoletto –  medico, docente universitario: “La Repubblica tutela la salute” (art. 32)

Gianni Barbacetto – giornalista de Il Fatto Quotidiano: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure” (art.21)

Anna Torterolo – storica dell’arte: “La Repubblica tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione” (art.9)

Gino Strada – fondatore e direttore esecutivo di Emergency: “L’Italia ripudia la guerra” (art.11)

Gherardo Colombo – già magistrato: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” (art.3)

Roberta De Monticelli – docente universitaria, del c.d.p. di Libertà e Giustizia: “La scuola è aperta a tutti” (art.34)

E’ previsto l’intervento di un Consigliere Comunale

Modera il dibattito:

Albarosa Raimondi – Libertà e Giustizia

Salva la Sacra di San Michele dopo l’incendio

La Sacra di San Michele è salva.

L’incendio divampato la sera del 24 gennaio è partito dal tetto del convento dove abitano tre padri rosminiani. E lì per fortuna si è fermato. Come ha dichiarato il presidente della Regione Piemonte al termine di un sopralluogo effettuato nel pomeriggio del 25 gennaio con l’assessora alla Cultura, i danni non sembrano essere ingenti, anche se ha riconosciuto che è stato corso un bel rischio.

Il presidente ha quindi confermato che, come gli aveva garantito in mattinata l’assessore al Bilancio, nei fondi europei sono state individuate risorse abbondantemente sufficienti per far fronte alle operazioni di ripristino delle parti bruciate. Sia lui che l’assessora hanno poi ringraziato i vigili del fuoco per essere riusciti, con un lavoro straordinario, a circoscrivere i danni e dichiarato che il rogo ha intaccato una parte che sembra facilmente riparabile.

 

Sgarbi colpisce ancora …

Ricostruire il tempio G di Selinunte? Idea vecchia e sbagliata: lo dicevano già Brandi e Bianchi Bandinelli

in Finestre sull’Arte

Sgarbi lancia di nuovo la proposta di ricostruire il tempio G di Selinunte: un’idea vecchia e sbagliata. Lo dicevamo già Brandi e Bianchi Bandinelli.

Non è nuova, né tanto meno originale, l’idea di ricostruire il tempio G di Selinunte, rilanciata ieri da Vittorio Sgarbi, che da novembre è il nuovo assessore alla cultura della Regione Sicilia e che per tutta la campagna elettorale ha sbandierato l’ipotesi di ricostruzione come suo cavallo di battaglia. Nelle scorse ore, lo storico dell’arte ferrarese ha diffuso le stime sui costi per rialzare le colonne del tempio, abbattuto da un sisma in epoca altomedievale, quando Selinunte era già disabitata e in stato di abbandono da secoli. E da quell’evento, del tempio G non è rimasto altro che un ammasso di rovine su cui svetta un’unica colonna, ribattezzata “il fuso della vecchia” dagli abitanti della zona.

Jean Pierre Houël, Rovine del tempio grande di Selinunte

Jean Pierre Houël, Rovine del tempio grande di Selinunte (1782; inchiostro, pietra nera e gouache su carta, 35,1 x 54,5 cm; Parigi, Louvre, Cabinet des Dessins)

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Una bella mostra per Francesco Trombadori a Roma fino all’11 febbraio

Trombadori, piazze e rovine dietro gli occhiali fumé

A Roma, Galleria d’Arte Moderna, “L’essenziale verità delle cose”.

Al museo di via Crispi torna Francesco Trombadori, un caso che Roberto Longhi, nel 1925, vedeva sotto specie olandese. Nature morte, ritratti, paesaggi: sempre «filtrare il vero». Fino all’11 febbraio

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La mostra di Bernini alla Galleria Borghese: una buona mostra ma in un luogo non idoneo

La mostra di Bernini alla Galleria Borghese di Roma, tra alti e bassi

dal 1° novembre 2017 al 20 febbraio 2018.

Sono passati quattrocento anni esatti da quando un appena diciannovenne Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 1598 – Roma, 1680) consegnò, al cardinal Maffeo Barberini, il futuro papa Urbano VIII, il San Sebastiano oggi al Thyssen-Bornemisza di Madrid: tanto giovane era l’artista, che fu il padre a dover riscuotere il pagamento. “A dì 29 dicembre scudi cinquanta moneta buoni al sudetto [Pietro Bernini] pagati per prezzo di una statua di marmo bianco di un san Bastiano”: così recita, in maniera inequivocabile, il documento rinvenuto nel 1998 che ha permesso di datare l’opera in seguito finita in Spagna, nonché di confermarne senza dubbio alcuno la committenza barberiniana. È invece trascorso un ventennio dal giorno d’inizio estate in cui il luogo che accoglie la più alta e densa concentrazione mondiale d’opere berniniane, ovvero la Galleria Borghese di Roma, riaprì i battenti dopo un lungo restauro che per sedici anni l’aveva tenuto chiuso. Naturale, dunque, attendersi che questo doppio anniversario venisse celebrato nella maniera più acconcia: una grande mostra su Bernini, che giunge nelle sale della Galleria Borghese vent’anni dopo la mostra sul Bernini giovane allora organizzata al fine di festeggiare la riapertura di quella che fu un tempo la residenza del cardinal Scipione Borghese.

Puoi il seguito dell’interessante articolo, con immagini delle opere esposte e una valida disamina critica dei pro e dei contro della mostra stessa cliccando qui

Pietro e Gian Lorenzo Bernini, Fauno molestato da putti

 

 

Musei anno record: come leggere i dati

Il record dei musei e quello del giornalismo

Rispondo con molto piacere all’esemplare giornalista Marco Frittella, che ritwitta questo cinguettio del Mibact: «Il bilancio della riforma dei #museitaliani è eccezionale: in 4 anni +12 mln di visitatori (+31%) e +70 mln di euro di incassi (+53%). Risorse preziose per la tutela che tornano ai musei con un sistema che premia le migliori gestioni e garantisce le piccole realtà”», chiosandolo così: «Non ditelo a @tomasomontanari, gli dareste un dolore». E lo tranquillizzo: caro Frittella, grazie del pensiero. Ma, davvero, ho avuto dolori peggiori. Per esempio mi addolora che tanti giornalisti italiani preferiscano servire come ufficio stampa del potere invece che provare ad esercitare un minimo di senso critico.

Nel caso specifico di fronte alla grancassa di Dario Franceschini un quarto potere degno di questo nome potrebbe farsi come minimo tre domande.

La prima, per chi amasse ancora un po’ il giornalismo di inchiesta: come sono raccolti questi dati? Quanto sono attendibili quelli, per esempio, delle domeniche gratuite? Quanto sono verificabili i dati differenziali di siti senza uno storico di accessi degli anni precedenti? Quanto ci si può fidare dei concessionari titolari delle biglietterie. Assicuro che le sorprese non mancherebbero.

La seconda, per un giornalismo culturale ancora degno di questo nome. Qual è il senso di questo trionfalismo in un Paese che non riesce ancora a tirar su le macerie del patrimonio culturale del cratere del sisma dell’Italia centrale? Nel Paese in cui una città come Napoli ha oltre duecento chiese monumentali chiuse? Nel Paese con un’enorme fuga di cervelli di archeologi e storici dell’arte e in cui il Mibact ricorre su larga scala allo schiavismo mascherato da volontariato? Nel Paese in cui quegli stessi musei sono scatole vuote, incapaci di fare ricerca e di produrre conoscenza. Non sarebbe forse il caso di allargare la focale e rimettere in contesto l’autoelogio di Franceschini?

E poi la terza. La più semplice, la più centrale. Ammettiamo che tutti i dati siano veri e che siano degni di tanta lode: siamo però sicuri che il destinatario degli elogi dovrebbe essere colui che oggi chiama così fragorosamente gli applausi?

E cioè: qual è il nesso tra il record dei musei e la riforma dei musei? I dati presenti sulla pagina delle statistche Mibact certificano ciò che tutti gli addetti al lavoro sanno: il trend dei visitatori dei musei italiani è in crescita costante dal 2000 ad oggi, senza interruzioni e senza impennate. E nessuno dei visitatori attuali va al Colosseo o agli Uffizi perché c’è stata la riforma Franceschini. Se avessero avuto un ufficio stampa altrettanto buono, anche Sandro Bondi o Giancarlo Galan avrebbero potuto rivendicare la loro fetta di incremento (del tutto indipendente dal loro discutibile operato, ovviamente). La controprova? Lo stesso trend di aumento riguarda i Musei Vaticani: sui quali non credo che la riforma Franceschini possa granché (Deo gratias). Sarebbe possibile (e interessante) ricostruire la storia degli accordi sindacali che hanno permesso di prolungare gli orari di apertura dei vari monumenti e musei: gli unici interventi dei vari ministri che abbiano davvero inciso su numeri altrimenti dettati dai flussi internazionali del turismo. A proposito dei quali, forse sarebbe il caso di domandarsi se la crisi del turismo in Francia, Spagna e Nordafrica legata al terrorismo internazionale e il conseguente boom del turismo italiano non abbiano contato appena più della riforma Franceschini nell’aumentare gli ingressi degli ultimi mesi nei musei italiani.

Ma mi rendo conto che un giornalismo che si facesse e facesse tutte queste domande rischierebbe di dare un dolore al ministro Franceschini. È forse per questo che si leggono davvero pochissime analisi critiche come questa, assai equilibrata e seria, di Gregorio Botta.

Molto meglio ritwittare i cinguettii del signor ministro, e prendersela con quei pochi gufi disfattisti che proprio non vogliono capire che viviamo sotto il migliore dei governi possibili.

Tomaso Montanari, blog Articolo 9, La Repubblica, 6 grnnaio 2018