Il ritorno di Rubens ad Anversa: rivediamo queste opere cruciali

Rubens nelle Fiandre, i quattro grandi capolavori della Cattedrale di Anversa

Pieter Paul Rubens, Deposizione

Quando il grande scrittore scozzese Walter Scott (Edimburgo, 1771 – Abbotsford House, 1832) visitò la città di Anversa, nel 1815, subito dopo la disfatta di Napoleone nella battaglia di Waterloo, trovò la Cattedrale di Nostra Signora ancora spoglia dei suoi capolavori. L’autore dell’Ivanohe lamentò, in particolare, l’assenza delle splendide opere di Pieter Paul Rubens (Siegen, 1577 – Anversa, 1640) che pochi anni prima erano state razziate dagli occupanti francesi e condotte a Parigi, ma al contempo confidava nelle capacità diplomatiche del re Guglielmo I d’Olanda per far tornare le opere alla loro sede: “egli ha ultimamente promesso di usare tutta la sua influenza per recuperare i quadri che sono stati tolti dalle diverse chiese dei Paesi Bassi, e specialmente da Bruxelles e da Anversa”. La speranza era ben riposta, perché già nel 1816 tutti i capolavori di Rubens della Cattedrale di Anversa avevano fatto ritorno. Da allora, le opere del grande artista fiammingo non si sono più mosse.

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Intorno alla mostra “L’ultimo Caravaggio” delle Gallerie d’Italia

“Può esistere una storia dell’arte del Seicento senza Caravaggio”. Parla Alessandro Morandotti

Caravaggio, Martirio di sant'Orsola
Caravaggio, Martirio di sant’Orsola (1610; olio su tela, 143 x 180 cm; Napoli, Gallerie d’Italia, Palazzo Zevallos Stigliano)
Gallerie d’Italia di Milano presenta L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri. Napoli, Genova e Milano (nelle prossime ore verrà pubblicata la recensione di Finestre sull’Arte. Tre città a confronto per inquadrare e illustrare le vicende artistiche sviluppatesi nei tre decenni (1610-1640) successivi alla scomparsa di Michelangelo Merisi, cominciando proprio dall’estremo atto di Caravaggio: il Martirio di Sant’Orsola del 1610. Da qui, un confronto con gli artisti del tempo attraverso una cinquantina di opere, lungo un periodo storico-artistico diviso tra il naturalismo caravaggesco e l’esplosione trionfante del Barocco. Tra fascinazione e resistenza al nuovo e rivoluzionario linguaggio. Perché resistenza e indipendenza all’eredità meravigliosamente ingombrante (e feconda) di Caravaggio ci fu, come spiega la mostra. Quindi, tema cardine dell’esposizione: una storia dell’arte nell’Italia seicentesca senza Caravaggio può essere ed esistere. Parola al curatore, Alessandro Morandotti.

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