Cosa si cela dietro i tre filosofi di Giorgione?
Sunto di un’ipotesi di Augusto Gentili da La musa inquietante
Probabilmente si tratta del quadro che Marcantonio Michiel vide in casa di Taddeo Contarini, un grande appassionato dell’occulto e dell’alchimia. Le ipotesi interpretative ovviamente si sono susseguite: Re Magi, Età dell’uomo, etc.
Ciò che però lascia perplesso il nostro studioso, sono gli strumenti di misura e i tratti identificativi dei personaggi. Un anziano con compasso e tabella astrologica, un uomo di mezza età abbigliato in modo tipicamente islamico e un giovane occidentale, che ha in mano compasso e regolo a squadra, e contempla intensamente una caverna buia.
E’ ovvio che si tratti di astrologi, ma di diverse età, nazioni, religioni e culture: un anziano ebreo, un arabo adulto e un giovane occidentale, forse cristiano.
Il primo personaggio, sulla destra della rappresentazione, ha una tabella colma di segnali astrologici;
possiamo leggervi quattro numeri: 1 5 e 4, che probabilmente indicano un anno specifico, il 1504. Al di sotto, riusciamo a leggere CEL seguito da altre due o tre lettere illeggibili (forse la parola era CELUS o CELUM). Dopo di che c’è un diagramma geometrico. Al centro della tabella possiamo notare una sfera ombreggiata con il simbolo di Giove. Più a destra, una falce di luna crescente è seguita dalla lettera C. Lo studioso immagina quindi si tratti della grande congiunzione di Saturno, Giove e Marte in Cancro, avvenuta proprio nel 1503-1504. Questa particolare congiunzione astrale era molto temuta dagli astrologi, ed era anche stata rappresentata precedentemente dal pittore, nel fregio di Castelfranco.
L’accostamento ripetuto dei pianeti maggiori in un unico segno dello zodiaco, ogni volta all’interno della stessa triplicità, era ritenuto sintomo di grave squilibrio cosmico e apportatore di sciagure, soprattutto se correlato ad eventi come l’eclissi (e nel febbraio 1504 ci fu l’eclisse totale di luna). Tra il XV e il XVI secolo la grande congiunzione si ripetè ogni vent’anni nella triplicità dell’acqua ( in Pesci nel 1464, in Scorpione nel 1484 – rappresentata anche da Dürer nella xilografia Sifilitico – in Cancro nel 1503/4 e nuovamente in Pesci nel 1524) e ciò scatenò la paura di un nuovo diluvio universale. La sfera del fregio di Giorgione rappresenta, appunto, i tre segni d’acqua, con il Cancro in posizione centrale.
Tornando alla nostra opera, possiamo notare che la tabella dell’anziano ebreo è completata in basso da un sole raggiato al tramonto, dove si leggono i numeri dall’uno al sette. Osservando il contesto, è intuibile che si tratti dell’Oroscopo delle Religioni, ossia la teoria di un percorso ciclico attraverso sette età, collegate ai pianeti e alle grandi religioni, caratterizzato da un progressivo decadimento dell’umanità fino alla catastrofe conclusiva e alla rigenerazione in un ciclo rinnovato. La prima età era l’età primitiva, di Saturno, l’età aurea progressivamente degradata dai cattivi costumi degli uomini e infine azzerata dal diluvio universale.
Successivamente Giove, congiungendosi con altri pianeti, dà origine alle varie religioni. Quando Giove si congiunge a Saturno, abbiamo la religione giudaica. Congiungendosi a Marte, la caldea; al Sole, l’egizia; a Mercurio, la religione cristiana e a Venere la musulmana. Infine, quando Giove si congiungerà con la Luna, avremo l’avvento dell’ultima età, l’età dell’Anticristo.
Il vecchio di religione ebraica corrisponde alla tipologia saturnina del melanconico e alla caratterizzazione saturnina dell’ebraismo come religione della profezia e della rivelazione. In radiografia inoltre, è evidente che nel disegno originario di Giorgione la testa del vecchio appare adorna di un vistoso stemma sacerdotale: potrebbe essere quindi identificato come Mosè.
L’uomo al centro della rappresentazione invece è identificato come musulmano non solo per l’abito, ma anche per l’inequivocabile gestualità: egli tiene infatti la mano sul ventre, appoggiando il pollice sulla cintura, adorna di un grosso fiocco. Astrologicamente parlando, il ventre corrisponde al segno della Bilancia, dominato da Venere (che, ricordiamo, con Giove avrebbe dato origine all’Islam). Il fiocco pendente e il gesto invece, indicano la natura lasciva tradizionalmente attribuita, ai tempi del pittore, ai popoli arabi. L’impressione dignitosa ed elegante, e il suo rapporto privilegiato con il vecchio ebreo, potrebbe identificare il personaggio proprio con Maometto.
Il problema resta identificare il terzo filosofo. Dopo Mosè e Maometto, il primo nome che viene in mente sarebbe Cristo, ma esteticamente non ci siamo. Ci troviamo davanti un giovane efebeo e riccioluto, seduto per terra e rivolto non verso lo spettatore, bensì nell’atto di scrutare una caverna buia. Osservando sempre la radiografia, possiamo notare che la prima bozza di questo personaggio era leggermente differente: profilo aguzzo, alto copricapo. Dopo Maometto e l’Islam, non può esserci Cristo e il cristianesimo, di secoli anteriori. Successiva alla congiunzione di Giove con Venere c’è solo quella con la Luna, ossia l’ultima età, l’età dell’Anticristo. Gli astrologi erano convinti che proprio nel 1504, anno dell’esaltazione di Giove nella casa della Luna, sarebbe venuto l’Anticristo: negromante, falso profeta, falso astrologo, falso sapiente, porterà un’epoca di menzogna e corruzione, breve come i moti circolari della Luna. Di conseguenza il giovane rappresentato, di umore flemmatico, lunarmente pallido e vestito dei colori lunari (bianco e verde), rappresenta l’incarnazione dell’Anticristo.
Dando uno sguardo all’iconografia artistica tradizionale, questo personaggio apocalittico era rappresentato in due modi diversi: il sosia volgarizzato e luciferino di Cristo, sebbene più famoso, è in realtà meno frequente. L’immagine più diffusa è quella di un bel giovane arrogante, dall’espressione falsamente benevola e compiacente, spesso con i capelli ricci e il copricapo. Un esempio ne è la xilografia di Dürer “Il martirio di San Sebastiano”. Al supplizio del santo assistono, compiacenti, i rappresentanti delle altre due religioni principali, Ebraismo e Islam, e, alle loro spalle, un giovane Anticristo dal sorriso maligno, riccio e con il cappello.
Tra gli esempi iconografici dell’Anticristo, Augusto Gentili dà una lettura interessantissima dell’affresco orvietano sulla predicazione dell’Anticristo di Luca Signorelli.
Il falso Cristo al centro della scena, con tratti volgari e orecchie appuntite, secondo lo studioso non è l’Anticristo in persona ma una sua creatura negromantica, un fantoccio mosso dal demonio retrostante. Il vero Anticristo è il giovane riccioluto ed elegante, dallo sguardo cattivo e dalla posa tracotante, in primo piano al di sotto del predicatore, mentre osserva subdolamente le reazioni della folla.
Ai tempi di Giorgione, sul problema dell’Anticristo c’erano due scuole di pensiero: la prima riteneva che sarebbe provenuto dal popolo ebraico, anzi sarebbe stato proprio il Messia atteso dagli ebrei. La seconda invece era convinta che l’Anticristo sarebbe stato cristiano, l’estremo rappresentante del Cristianesimo degradato. L’artista e il suo committente sono evidentemente di questo ultimo avviso, dato che nell’opera l’ebreo già c’è, ma manca il cristiano. Ecco perché il personaggio scruta una grotta vuota e nera, dove non ci potrà essere nessuna natività ma solo il vuoto oscuro. Anche la vegetazione è indice delle convinzioni di chi ha voluto e di chi ha prodotto il quadro: come sfondo dell’ipotetico Mosè ci sono fronde verdi e floride; alle spalle di Maometto foglie rade sia verdi che gialle, e infine rami completamente secchi e spogli per il giovane.
Quindi, Gentili giunge alla conclusione che Giorgione e il committente probabilmente appartenessero ad una cerchia rigoristica di patrizi veneziani, cristiani ma disposti a ricercare nella cultura ebraica l’alternativa al cristianesimo deteriorato.
La tela, secondo quanto sappiamo, fu terminata da Sebastiano Vitiniano. Ecco dunque spiegate le differenze tra la radiografia e l’opera che abbiamo davanti agli occhi. Sebastiano attenua i contrasti, diluisce le espressioni e confonde le individuazioni. Non solo una modifica, ma un mascheramento voluto probabilmente dal committente, per attutire l’impatto di un soggetto troppo rischioso.